... se così discorrendo, io non avessi avanzata l'idea di far tutta la
salita della Lua, poi l'altro tratto piano, dove domina una grande
croce, per ricercare (m'avevano assicurato ci fosse nella roccia viva)
un gran buco, che poteva essere una marmitta dei giganti.
Infatti, passato il piano del crocifisso, ed arrivati ad una cappeletta,
dietro le indicazioni esattissime forniteci dal portator dei laveggi,
pigliammo dei due sentieri che conducono in Campo Franscia, quello a
destra, e, fatti appena cento passi accorremmo ad un'esclamazione del
dottore che ci precedeva.
Sulla sinistra del sentiero, in una grande roccia liscia, si apriva un
vano circolare, ingombro nel fondo di erbe e di terra.
Eravamo proprio davanti ad una gran marmitta dei giganti.
...Il dottore ed il nuovo compagno vi entrarono incominciando a ripulire
con le mani, io corsi a pigliare un badile nella cava di amianto vicina
e il professor Besta rimase a consigliare, e, in certo qual modo a
dirigere, la piccola squadra operante.
Così, in fondo, fra le macerie, si riscoprirono i sassi che,
presumibilmente avevano, in epoche lontanissime, logorato la parete del
masso e formata la conca. Essi si presentavano lisci, quasi tondi e noi,
dopo averli puliti e osservati, li rimettemmo nelle rispettive marmitte,
dove avevano diritto a rimanere.
Giuseppe Nolli, "In Valmalenco", Solmi, Milano,1907
Il primo documento sino ad ora ritrovato che testimonia la presenza
delle Marmitte dei Giganti in Valmalenco risale al 1907, quando Giuseppe
Nolli, tra i suoi appunti di viaggio racconta di aver trovato numerose e
singolari cavità nella roccia lungo il sentiero che dal monte dell’Ova
porta a Franscia.
La formazione di questo particolare fenomeno è però di origine molto più
antica.
15.000 anni fa i grandi ghiacciai del Bernina confluivano ancora in
un’unica grande lingua che scendeva lungo la Valmalenco sino ai paesi
del fondovalle e oltre. Anche la conca di Franscia era completamente
sommersa da una spessa coltre di ghiaccio.
Durante il periodo estivo, l’acqua di fusione del ghiacciaio dava vita a
numerosi ruscelli che, scorrendo verso valle, cercavano di aprissi un
varco verso la luce.
Il moto vorticoso dell’acqua, unito a sabbia, ghiaia e ciottoli in
sospensione, trasportato dalla stessa, ha agito come un tornio
gigantesco. Partendo da un piccolo punto debole della roccia il processo
ha progressivamente innescato un’erosione circolare che ha moltiplicato
esponenzialmente l’azione erosiva che nel tempo ha dato origine a
numerosi pozzi glaciali.
Il nome marmitta dei giganti deriva dalla somiglianza di queste
singolari cavità a delle grosse pentole, che la fantasia popolare ha
visto come enormi marmitte in cui scaldare i cibi di esseri giganteschi,
appunto dei giganti.
I RITROVAMENTI
Il fenomeno delle marmitte dei giganti è riscontrabile in due zone
principali della conca di Franscia anche se non è da escludere la loro
presenza anche in altre aree limitrofe.
Suggestivo è il percorso che risale il torrente Cormor, dove ancora oggi
il fenomeno erosivo è in continua evoluzione e l’attività dell’acqua
continua ad esercitare un’azione di disfacimento di tipo fisico, chimico
ma soprattutto meccanico della roccia. In più punti è possibile deviare
direttamente nell’alveo per osservare le diverse forme rocciose
arrotondate e levigate dei processi millenari di modellazione geologica.
Si tratta di forme di ogni foggia e dimensione tra cui alcune marmitte
dei giganti, perfettamente cilindriche create dal mulinare vorticoso di
detriti con l’acqua di fusione dei ghiacciai.
Altrettanto affascinate è
l’affioramento riscoperto da pochi anni nei pressi della chiesetta di
Santa Barbara, su un’altura, dove l’assenza di torrenti o acque
superficiali è viva testimonianza che il fenomeno delle marmitte dei
giganti è riconducibile alla sola attività dei ghiacci di circa 15.000
anni fa. Una delle più grandi e spettacolari, profonda oltre 3,50 m è
stata riscoperta nel 2009 grazie al lavoro di molti volontari della
zona, che annualmente si impegnano nella ricerca e nella ripulitura di
queste affascinanti lavorazioni nella roccia.
LA GEOLOGIA DELLA CONCA DI FRANSCIA
La conca di Franscia e le montagne che la circondano è costituita in
massima parte da una stessa roccia: la Serpentinite o Serpentina. Si
tratta di una roccia metamorfica, cioè derivata dalla trasformazione di
un’altra roccia, la peridotite, di origine profonda, proveniente dal
mantello terrestre, molto prima della formazione delle Alpi. Con la
formazione della catena alpina, decine di milioni di anni fa, la
collisione dei margini continentali (africano ed europeo) ha
inframezzato e incorporato nella struttura delle Alpi un grosso
frammento del mantello. Durante queste fasi la peridotite del mantello
si è trasformata (metamorfismo) nella serpentinite della Valmalenco.
È una roccia di colore verde, i minerali che la compongono sono
fortemente orientati (si può suddividere in lastre sottili). La presenza
di ossidi di ferro produce sovente delle alterazioni superficiali,
ricoprendo la roccia di un tipico color rosso ruggine.
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